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Carlo Puca va nel bronx
Fa discutere (vedo) il reportage pubblicato da Panorama in cui Carlo Puca racconta la sua esperienza di “infiltrato” a Scampia.
A me il testo pare un po’ poco, dopo tre mesi, ma non così disdicevole.
E il video che lo riassume è un mix di immagini note ma anche di dettagli meno ovvi (se si ha la pazienza di guardarlo tutto).
Poi magari dev’essere il fatto che Puca non mi sta antipatico. E che immagino potrebbero esserci altri prodotti della permanenza scampiese, magari meno volatili – e meno brevi – di quelli ospitati (ospitabili) da Panorama.
In ogni caso, visto che Scampia è una delle cose che studio da sempre, l’appunto mi pare doveroso.
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Crediti. La signora va nel Bronx è il titolo di un bel libro di Marianella Sclavi (donde viene anche l’immagine) che utilizzava il metodo dello shadowing anche o soprattutto per scoprire il buono del Bronx (quello vero). Tre mesi, anche in questo caso. Solo che Marianella non è una cronista ma una studiosa. D’altra parte, Scampia non è il Bronx. Per quanto ci si impegni a fare somigliare sempre di più la realtà all’etichetta.
Atti vietati
Non so più via chi, nel giro consueto tra gli amici Facebook, stamattina avevo avvistato questa notizia: l’ennesima lista di cose vietate negli spazi pubblici (compreso stendere il bucato), inventata, questa volta, da Misano Gera d’Adda, piccolo comune del bergamasco. Per contorno, il divieto istituito da Romano di Lombardia, valido perfino negli spazi privati: no agli acquari “sferici o aventi pareti curve”.
Per prima cosa ho pensato che sono sempre più ridicoli.
Poi mi è venuta la curiosità di capire se lo strumento utilizzato per vietare era ancora quello dell’ordinanza e qui la scoperta.
Non siamo più all’ordinanza creativa, l’originalità è penetrata nei regolamenti e quindi, presumo, la follia non è da attribuire ai soli sindaci – magari in cerca di visibilità – ma è più diffusa. Se non altro nel ceto politico che quei regolamenti li vota e forse anche fra tanti cittadini.
A Misano il divieto di “esporre o stendere coperte, lenzuola, panni, biancheria, vestiti e similari sulle facciate di edifici confinanti con aree pubbliche” si trova, insieme con molti altri, nel Regolamento di polizia urbana recentemente modificato e ora entrato in vigore.
Leggere in particolare il capo VI e spaventarsi.
A iniziare dal titolo del suddetto capo che suona, senza mezzi termini, Atti vietati. (altro…)
Preziose precisazioni
Leggo su Repubblica di oggi (edizione locale) che il sindaco di Castellammare di Stabia (Na), Luigi Bobbio, ha chiarito puntigliosamente che l’imminente ordinanza creativa (ma in effetti lo strumento, questa volta, non è un’ordinanza bensì un normale regolamento di polizia urbana) che ha suscitato ironie perfino oltre i confini nazionali non vieta affatto di indossare la minigonna. Solo, prevede sanzioni per le indossatrici di minigonne che lascino vedere (o intravedere, non saprei) gli indumenti intimi.
Nel senso delle mutand(in)e — suppongo — ché le calze non c’è modo di non vederle.
Inoltre, il sindaco tiene a ricordare a tutti coloro che scrivono l’esistenza di un reato di pubblicazione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico (che pare quasi una minaccia, ma magari è solo una mia sensazione).
In definitiva, io resto della mia idea: la soluzione più sicura, per le amiche di Castellammare che amino le gambe libere, sarà indossare degli short (magari a vita non troppo bassa) inneggiando agli anni ’70 piuttosto che ai ’60.
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La dernière bêtise (à la mode de chez nous)
L’espressione francese rende meglio l’idea, visto che ormai siamo oltre le normali ordinanze pazze e/o creative.
Il luogo è Favara (Agrigento). L’oggetto è il linguaggio del corpo abitualmente utilizzato in caso di funerali. Il risultato dell’ennesima ordinanza di un sindaco è che sarà proibito condividere il lutto e il dolore in modo fisico.
Però c’è tempo fino al 10 dicembre per adeguarsi alla nuova regolazione dei sentimenti.
Che poi il riferimento alle bestie mi pare consono a questo ultimo effetto della doppia, o magari tripla, sindrome da decoro/sicurezza + ‘influenza suina.
E ora, ecco a voi il divieto preventivo
Per il solito kebab (anche se a proporlo ancora nessuno ci ha provato, lì nel bergamasco), e per i phone center (che invece il problema si era già presentato).
Niente telefono casa, dunque. Solo per “questione di decoro”, mica per altro…
E poi il divieto preventivo riguarderebbe pure le pizzerie (sempre se qualcuno volesse). Ma non le periferie, chè lì il decoro è meno importante, come si sa.
via Civati
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ps. Poi ci sarebbero un po’ di dettagli e aggiornamenti per la questione burkini, ma ne parliamo un’altra volta ché qui si va a 3 all’ora.
Ceci n’est pas Hopper
Lui si chiama Jon Rafman. Vive e lavora a Montreal, Canada, ma le viste di googlestreetviews parlano di situazioni molte e molto diverse, tutte originariamente catturate in quel mondo/modo “senza morale” del progetto Street View di Google, nato semplicemente per arricchire le mappe.
Credit. Avvistato su Repubblica online (chi sa perché è disabilitato il tasto destro per i link esterni, anche se si aprono comunque in un’ altra pagina) ma l’articolo da leggere è quello di Art Fag City, un po’ indirettamente linkato.
The Sound of Silence (gente in cerca di)
Essendo la soprascritta una solitaria, e per giunta ormai avviata verso una (onorevole) mezza età — piccolo borghese e malmostosa qb — sarei perfino pronta a capire l’esasperazione di Aldo Grasso.
Però mi chiedo: possibile che fra gli opinionisti non ce ne sia mai nemmeno uno che sia un po’ amante del casino urbano?
ps. Per non parlare del fastidio di altri insospettabili opinionisti per il casino vacanziero (per di più straniero e nordico).